Ulisse
Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d'onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d'alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l'alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l'insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.
5 commenti:
Grande come sempre Saba!
Grande Saba si, ma al di là del poeta il messagio e al di là del messaggio, in questo caso, il personaggio...
Ulisse!
Il mio contributo non è il testo di una poesia ma di una canzone (.. e il dibattito parallelo musica/poesia qui si potrebbe aprire..).
Da Ritratti(Guccini), Odysseus
Bisogni che lo afferri fortemente
che, certo, non appartenevo al mare
anche se Dei d’Olimpo e umana gente
mi spinsero un giorno a navigare
e se guardavo l’isola petrosa
ulivi e armenti sopra a ogni collina
c’era il mio cuore al sommo d’ogni cosa
c’era l’anima mia che è contadina;
un’isola d’aratro e di frumento
senza vele, senza pescatori,
il sudore e la terra erano argento
il vino e l’olio erano i miei ori.
Ma se tu guardi un monte che hai di faccia
senti che ti sospinge a un altro monte,
un’isola col mare che l’abbraccia
ti chiama a un’altra isola di fronte
e diedi un volto a quelle chimere
le navi costruii di forma ardita,
concavi navi dalle vele nere
e nel mare cambiò quella mia vita
ma il mare cambiò quella mia vita
ma il mare trascurato mi travolse:
senza futuro era il mio navigare
Ma nel futuro trame di passato
si uniscono a brandelli di presente,
ti esalta l’acqua e al gusto del salato
brucia la mente
e ad ogni viaggio reinventarsi un mito
a ogni incontro ridisegnare il mondo
e perdersi nel gusto del proibito
sempre più in fondo
E andare in giorni bianchi come arsura,
soffio di vento e forza delle braccia,
mano al timone e sguardo nella pura
schiuma che lascia effimera una traccia;
andare nella notte che ti avvolge
scrutando delle stelle il tremolare
in alto l’Orsa è un sogno che ti volge
diritta verso il nord della Polare.
E andare come spinto dal destino
verso una guerra, verso l’avventura
e tornare contro ogni vaticino
contro gli Dei e contro la paura.
E andare verso isole incantate,
verso altri amori, verso forze arcane,
compagni persi e navi naufragati;
per mesi, anni, o soltanto settimane?
La memoria confonde e dà l’oblio,
chi era Nausicaa, e dove le sirene?
Circe e Calypso perse nel brusio
di voci che non so legare assieme.
Mi sfuggono il timone, vela e remo,
la frattura fra inizio ed il finire,
l’urlo dell’accecato Poliremo
ed il mio navigare per fuggire.
E fuggendo si muore e la morte
sento vicina quando tutto tace
sul mare, e maledico la mia sorte
non trovo pace
forse perché sono rimasto solo
ma allora non tremava la mia mano
e i remi mutai in ali al folle volo
oltre l’umano.
La vita del mare segna false rotte,
ingannevole in mare ogni tracciato,
solo leggende perse nella notte
perenne di chi un giorno mi ha cantato
donandomi però un’eterna vita
racchiusa in versi, in ritmi, in una rima,
dandomi ancora la gioia infinita
di entrare in porti sconosciuti prima.
A proposito di poesia del 900...
riconosci questi versi?...
Non sono le quartine a te ben note, ma...
3.
Ho paura di te: sei così bello!
Non affogarmi in notti tanto nere
se prima non mi apri nel cervello
la porta che resiste del piacere.
35.
Terra alla terra, vieni su di me:
voglio il tuo vomere nella mia terra,
fiorire ancora traboccando e
offrire il fiore a te, mio cielo in terra.
Questa iniziativa non è mia... è opera di un tuo amico che ora sta bevendo una tisana...
Non sarà mica la Valduga???
Un'altra delle mie poesie preferite:
Andare a cucire
A la Maria Carpèla (che la ndéa a pontàr par le case)
Si no 'l te fèse n paradiso
apòsta par ti, anca si paradìsi no ghe n'é,
al saràe de méter a l'inferno
l'istéso Padretèrno -
la saràe da méter a l'inferno
tuta, tuta quanta « larealtà»,
si par ti no fèse 'n paradiso
pien de bontà come la to bontà,
gnentàltro che 'l paradiso
come che ti tu l'à pensà.
(da A. ZANZOTTO, Idioma, 1986)
A Maria Carpel (che andava a cucire presso le famiglie). Se non ti facesse un paradiso/ apposta per te, anche se paradisi non ce ne sono,/ sarebbe da mettere all'inferno/ lo stesso Padre Eterno -/ sarebbe da mettere all'inferno/ tutta, tutta quanta « la realtà »,/ se per te non facesse un paradiso/ pieno di bontà, come la tua bontà,/ niente altro che il paradiso/ come tu l'hai pensato.
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